venerdì 9 dicembre 2022

Gli arpeggi al pianoforte: arpeggi di LA e MI (un'ottava)

Gli arpeggi di LA e MI non presentano particolari differenze rispetto a quelli di DO e FA, tranne che per la settima diminuita, la quale, data la presenza di due tasti neri (tra cui la sensibile), modifica la diteggiatura affinché il primo dito non capiti su uno di questi due tasti neri.

Nello specifico avremo dunque:
  • Arpeggi maggiori e minori:
    • Mano destra: 1235 a salire 5321 a scendere;
    • Mano sinistra: 5421 a salire 1245 a scendere;
  • Arpeggio di settima di dominante:
    • Mano destra: 12345 a salire 54321 a scendere;
    • Mano sinistra: 54321 a salire 12345 a scendere;
  • Arpeggio di settima diminuita:
    • Mano destra: 21234 a salire 43212 a scendere;
    • Mano sinistra: 43212 a salire 21234 a scendere.
Vediamo ora gli apreggi di LA...


...e quelli di MI.


TESTI CONSIGLIATI:

lunedì 5 dicembre 2022

Recensione libri: "Con moltissima passione - Ritratto di Giuseppe Verdi", di Raffaele Mellace (Carocci Editore)

Ognuno di noi pensa di sapere tutto riguardo a Giuseppe Verdi, ma forse si conosce ben poco di questo autentico gigante della musica italiana, europea e mondiale. O forse è meglio dire che «ciascuno, nei due secoli passati, ha avuto il "suo" Verdi»: è con questa frase che inizia l'ultimo capitolo del libro Con moltissima passione - Ritratto di Giuseppe Verdi, scritto da Raffaele Mellace, docente di Storia della musica presso l'Università di Genova, e pubblicato da Carocci Editore per la collana Quality Paperbacks. Questo libro, frutto di una lunga e laboriosa ricerca portata avanti a livello internazionale, si inserisce i
n un panorama critico che per anni si è dimostrato spesso ingeneroso nei confronti di questo compositore, restituendoci un'immagine a tutto tondo di un personaggio complesso e affascinante.

Se è vero che genio e follia non sempre vanno a braccetto e se è altrettanto vero che Verdi, rispetto ad altri grandi uomini d'arte (come Mozart, Oscar Wilde o Caravaggio), ha seguito una vita in fin dei conti tranquilla, equilibrata e defilata, da che cosa scaturisce la sua genialità? Con moltissima passione - Ritratto di Giuseppe Verdi ce lo spiega tracciando una mappa dei luoghi a lui legati o che l'hanno visto di passaggio, descrivendo il clima storico-politico in cui visse e infine indagando i rapporti che strinse con le più illustri personalità artistiche, musicali, politiche e intellettuali del suo tempo.

Venendo poi al Verdi artista, Mellace ci dipinge il quadro di un compositore dalla vocazione europea, che sceglie i soggetti delle sue opere prendendoli dalla letteratura straniera (non un singolo titolo del suo catalogo infatti è tratto da fonti letterarie italiane) e si dimostra più aperto di quanto si possa immaginare alle innovazioni musicali che serpeggiarono durante i suoi quasi sessant'anni di carriera (mitigando così la presunta contrapposizione ideologica tra lui e Wagner). Ciò fa di lui un anello di congiunzione fondamentale nell'evoluzione dell'opera italiana che va da Rossini a Puccini.

In seguito si passa ad analizzare il metodo di lavoro di Verdi, approfondendo punto per punto i passaggi che hanno portato alla creazione delle sue opere: la scelta del soggetto, il rapporto con i librettisti, la preparazione dell'impianto drammatico, la ricerca del giusto equilibrio tra musica e parola, la messinscena finale. Non possono poi mancare cenni al Verdi imprenditore di sé stesso, attento a far valere i suoi diritti e le sue ragioni con editori e impresari teatrali, e al Verdi filantropo.

Il "ritratto" consegnatoci da Raffaele Mellace è dunque quello di un Giuseppe Verdi visto sotto una nuova luce, l'immagine di un genio drammatico e musicale non inferiore a Shakespeare o a Mozart, che si dedicò al suo mestiere di operista con tutto sé stesso, con tutte le sue energie e... con moltissima passione.

domenica 27 novembre 2022

Gli arpeggi al pianoforte: arpeggi di SOL e RE (un'ottava)

Gli arpeggi di SOL e RE non presentano particolari differenze rispetto a quelli di DO e FA, tranne che per la settima diminuita poiché, essendo la sensibile di queste tonalità una nota alterata, la diteggiatura va modificata affinché il primo dito non capiti sul tasto nero corrispondente.

Nello specifico avremo dunque:
  • Arpeggi maggiori e minori:
    • Mano destra: 1235 a salire 5321 a scendere;
    • Mano sinistra: 5421 a salire 1245 a scendere;
  • Arpeggio di settima di dominante:
    • Mano destra: 12345 a salire 54321 a scendere;
    • Mano sinistra: 54321 a salire 12345 a scendere;
  • Arpeggio di settima diminuita:
    • Mano destra: 21234 a salire 43212 a scendere;
    • Mano sinistra: 32143 a salire 34123 a scendere.
Vediamo ora gli apreggi di SOL...


...e quelli di RE.


TESTI CONSIGLIATI:

sabato 26 novembre 2022

Recensione libri: "Poesia per musica e musica per poesia - Dai trovatori a Paolo Conte", di Stefano La Via (Carocci Editore)

"Prima le parole, dopo la musica" oppure "Prima la musica, dopo le parole"? Queste sono le due posizioni su cui ruota l'ultima opera di Richard Strauss, Capriccio, e questo, dopotutto, è il dubbio amletico che da sempre attanaglia studiosi e artisti, musicisti e poeti, letterati e saggisti. Il volume Poesia per musica e musica per poesia - Dai trovatori a Paolo Conte, scritto da Stefano La Via, professore associato presso la facoltà di musicologia dell'Università di Pavia, con sede a Cremona, e pubblicato da Carocci Editore per la collana Aulamagna, tenta proprio di indagare su questa curiosa contrapposizione, perennemente in bilico tra perfetta simbiosi e drastica dicotomia.

Questo libro si prefigge di analizzare l'evoluzione del rapporto fra poesia e musica, dal Medioevo, epoca, tra l'altro, del mitico "divorzio" che avrebbe portato la poesia ad affermarsi quale arte autonoma rispetto alla musica, fino ai giorni nostri e alle categorie teoriche odierne di "poesia per musica" (o, ancor più nello specifico, "poesia in musica") e "musica per poesia". Nell'impostare questa indagine, l'autore divide la sua opera in due parti.

La prima parte, Parametri, principi generali e tipologie d'interazione fra poesia e musica, inizia proprio con il dilemma posto alla base dell'opera di Strauss "Prima la musica o la poesia?", per poi entrare nello specifico di vari aspetti che chiamano in causa diverse discipline, dalla fisica acustica alla musica in senso stretto, dalla fisiologia alla metrica. Vengono così trattati i punti in comune del suono vocale nel parlato e nel cantato, alcune nozioni basilari di versificazione (classica, romanza, germanica) e infine i principi musicali della ritmica, dell'agogica e della dinamica, che al parlato sono strettamente collegati.

Tutta questa prima parte funge da prologo alla seconda, Lettura, ascolto e analisi del testo poetico-musicale, interamente fornita in versione digitale, nella quale l'autore espone storicamente, anche con esempi audio ed estratti di partiture, come il rapporto tra musica e poesia si sia dipanato nel tempo, dal medioevo trovadorico di Bernart de Ventadorn alla più recente canzone pop di McCartney, Buarque e Paolo Conte, passando per la polifonia rinascimentale, il lamento rappresentativo e la cantata dei secoli XVII e XVIII, il lied romantico tedesco e il song americano del primo novecento.

Al termine della trattazione, proprio la figura di Paolo Conte si impone come punto di incontro e allo stesso tempo spartiacque fra il concetto di "poesia per/in musica" e "musica per poesia". Antipoeta dichiarato, Conte tratta musica e testo poetico secondo una dialettica tanto serrata da non permettere di identificare quale dei due elementi sia il nucleo originario delle sue canzoni, né tantomeno quando l'uno lasci all'altro il ruolo da protagonista, dimostrando forse come, al di là delle spiegazioni teoriche, l'arte sfugga a qualsiasi tentativo di categorizzazione. Del resto, anche Richard Strauss conclude Capriccio lasciando simbolicamente la Contessa Madeleine incapace di decidere tra l'amore per Flamand il Musicista o per Olivier il Poeta: dopotutto, si possono veramente separare poesia e musica?

Buona lettura!

lunedì 29 agosto 2022

Gli arpeggi al pianoforte: arpeggi di DO e FA (un'ottava)

Così come nelle scale, anche negli arpeggi si deve tenere conto di dove posizionare il pollice, che nella prassi comune non cade quasi mai su un tasto nero. Per questo motivo, tutti gli arpeggi di DO presentano la diteggiatura standard, che prevede di partire sempre con il pollice. Nello specifico:
  • Per gli arpeggi di DO maggiore e DO minore avremo:
    • Mano destra: 1235 a salire 5321 a scendere;
    • Mano sinistra: 5421 a salire 1245 a scendere;
  • Per gli arpeggi di settima di dominante e settima diminuita avremo:
    • Mano destra: 12345 a salire 54321 a scendere;
    • Mano sinistra: 54321 a salire 12345 a scendere.


Le stesse diteggiuature degli arpeggi di DO si usano anche per quelli di FA.


TESTI CONSIGLIATI:

Gli arpeggi al pianoforte: considerazioni preliminari

Quando si parla di arpeggi, si parla principalmente di accordi che, al posto di essere suonati come blocchi, vengono separati nota per nota, generalmente dalla più bassa alla più alta per poi ritornare. Nella prassi accademica dei conservatori, si usa prendere in considerazione tutti gli accordi principalilegati a una tonalita, cioè:
  • gli accordi perfetti maggiore e minore costruiti sulla tonica, che si differenziano per la terza maggiore o minore fra la tonica e il terzo grado della scala (detta modale, mediante o caratteristica);
  • l'accordo di settima di dominante, cioè la settima (detta di prima specie) costruita sul quinto grado della scala e che ha appunto una forte funzione di dominante per la presenza della sensibile (il settimo grado) e la controsensibile (il quarto grado) e che combinati assieme formano il cosiddetto tritono, l'intervallo considerato più instabile di tutto il sistema tonale;
  • l'accordo di settima diminuita, costruito sulla sensibile della scala, composta da tre terze minori sovrapposte e che ha pure funzione di dominante ma senza la presenza del quinto grado.
Proprio per la loro funzione di dominante, la settima di dominante e la settima diminuita costruita sulla sensibile hanno una forte tendenza a risolvere sulla tonica: per questo motivo si è soliti dare risoluzione anche agli arpeggi sull'accordo di tonica.

TESTI CONSIGLIATI:

lunedì 15 agosto 2022

Contrappunto (Lezione 2): Contrappunto a due voci - Prima specie (nota contro nota)


In questa lezione inizieremo ad affrontare il contrappunto a due voci (o a due parti). Questo contrappunto si compone di una voce obbligata che propone il canto dato (o cantus firmus) e di un'altra voce libera che si combina con essa. Come anticipato nella lezione introduttiva, per ogni aggiunta di voce si incomincia sempre con il contrappunto di prima specie, che prevede una corrispondenza nota contro nota della parte libera con il canto dato, il che significa che le due voci avranno gli stessi valori ritmici. Poiché, secondo la prassi accademica corrente, il cantus firmus è generalmente fornito in semibrevi, nella prima specie anche la parte in contrappunto dovrà avere gli stessi valori.

Il contrappunto di prima specie a due voci risponde sia alle regole generali sia a regole specifiche:
  • Per quanto riguarda la prima battuta, essa deve iniziare in consonanza perfetta; è generalmente preferibile che tale consonanza sia un'ottava o un unisono, ma taluni testi consentono anche di iniziare con la quinta giusta;
  • L'ultima battuta invece deve sempre concludersi in ottava o in unisono;
  • Sono vietate tutte le dissonanze; sono dunque consentiti solo gli intervalli armonici di terza maggiore o minore, quinta giusta, sesta maggiore o minore, ottava e gli intervalli composti da essi derivati;
  • Nel contrappunto di prima specie a due voci l'armonia tende a essere forzatamente povera e indeterminata: per questo motivo è necessario evitare il ritorno frequente di quinte e ottave giuste, poiché possono risultare vuote e incomplete; inoltre, l'unisono è consentito solo all'inizio o alla fine;
  • La maggior parte dei trattati vieta di fare più di tre terze o tre seste di seguito; alcuni ne consentono fino a quattro, ma nei nostri esempi applicheremo la regola più diffusa;
  • La stessa nota può essere ripetuta solo una volta, cioè può essere udita solo due volte di seguito;
  • Quando il canto dato è alla voce inferiore, la penultima battuta deve contenere rigorosamente una sesta maggiore, in modo da aprire all'ottava nell'ultima battuta; quando invece è alla voce superiore dev'essere in terza minore, in modo da chiudere verso l'ottava o l'unisono; in questo secondo caso, tuttavia, onde evitare che i finali siano tutti uguali, è consentito toccare il quinto grado con la voce inferiore, in modo da formare una quinta giusta con il canto dato superiore:

Sebbene oggi sia generalmente accettato che il contrappunto venga trascritto su doppio rigo di pianoforte, è preferibile rifarsi alla prassi accademica tradizionale, che prevede invece l'impiego delle cosiddette "chiavi antiche" o setticlavio (principalmente le chiavi di basso, tenore, contralto e soprano). L'uso del setticlavio permette all'allievo di prendere dimestichezza con queste chiavi, impiegate in tutta la musica antica e in qualche caso fino a tutto l'ottocento, nonché, ancora oggi, per la notazione di alcuni strumenti d'orchestra (es. la viola). Un altro vantaggio è quello di avere così ben presenti le estensioni tradizionalmente fissate per le quattro voci umane, in modo tale da non sforare i limiti.

Gli esercizi devono essere svolti in due versioni, una con il canto dato alla voce inferiore, l'altra alla voce superiore; nella scelta del registro vocale vige in generale totale libertà (es. soprano-basso; soprano-tenore), ma è consigliabile formare combinazioni di voci attigue (cioè basso-tenore; tenore-contralto contralto-soprano) in modo tale che fra le parti non si vengano a creare intervalli troppo grandi (di solito non oltre una decima). Si consiglia infine di ampliare lo spettro delle combinazioni con più di un contrappunto per ogni versione.

sabato 25 giugno 2022

Il tema musicale nei dipinti di Caravaggio

L'analisi approfondita dei quadri che Caravaggio dipinge per i suoi colti committenti romani, in particolare il cardinal Francesco Maria Bourbon Del Monte e il marchese Vincenzo Giustiniani, ha permesso di individuare straordinarie particolarità relative al momento storico compreso tra la fine degli anni Novanta del XVI secolo e i primi decenni del secolo successivo. Nelle opere destinate al Del Monte appare sulla scena romana una nuova tematica: la musica, anticipando quel che solo pochi anni dopo proprio il marchese Giustiniani avrebbe scritto nel suo Discorso sopra la musica, ossia che ogni nobile deve essere educato alla pratica musicale, secondo la tradizione cinquecentesca documentata dal celeberrimo Cortegiano di Baldassarre Castiglione.

Nella Roma di fine Cinquecento, il cardinal Del Monte, consigliere del pontefice Clemente VIII Aldobrandini e del granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici, era una figura di notevole rilievo non soltanto a causa del suo ruolo, ma anche per il suo prestigio culturale. L'illustre prelato risiedeva a Palazzo Madama e proprio qui alloggiava anche Caravaggio, da poco arrivato nell'Urbe: la particolare protezione di questo autorevole cardinale, primo committente dell'artista, avrà un ruolo decisivo nella carriera del pittore e nella formazione di alcuni suoi specifici interessi culturali.

Raffinato intellettuale, studioso di scienze naturali, di alchimia, di teatro, Del Monte era un fine intenditore di musica: possedeva una ricca collezione di strumenti: sei viole, un arciliuto, chitarre, cembali; egli stesso poi si dilettava a suonare la "chitarriglia". Nel 1595, divenuto protettore dell'Accademia di San Luca, aprì la Villa de' Medici al Pincio, già frequentata da artisti e verosimilmente anche da giovani allievi dell'Accademia, e la trasformò in luogo di incontro e sede di ricevimenti intellettuali.

In questo ambiente, estremamente permeabile alla cultura nelle sue differenti declinazioni, la musica, la letteratura, il teatro e anche gli studi simbolici e alchemici, il consigliere e amministratore delle questioni riguardanti il cardinale era Emilio de' Cavalieri. A lungo attivo presso il Granduca di Toscana, Cavalieri aveva ricoperto dal 1588 l'incarico di maestro di musica nella basilica dell'Ara Coeli e, come assiduo frequentatore della fiorentina Camerata de' Bardi, fu compositore di oratori, lamentazioni e madrigali, nonché organista e docente di canto, coreografo e ballerino. La rappresentazione di Anima e Corpo, tenutasi nel 1600 a Roma nella chiesa della Vallicella, alla presenza dei cardinali Del Monte, Aldobrandini e Montalto, segna l'inizio di un nuovo genere musicale, che diverrà poi il melodramma. Con buona probabilità, fu grazie ai suggerimenti di Emilio de' Cavalieri che il cardinal Del Monte riuscì a creare la sua preziosa collezione d'arte. Dal 1594 posto a capo della Congregazione deputata sopra al "Negotio" della riforma del Canto fermo, Del Monte commissionò a Caravaggio alcuni dipinti di soggetto musicale, destinati al suo camerino di musica. La Musica di alcuni giovani conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, è tra le prime opere di soggetto musicale realizzate da Caravaggio. L'ideazione è completamente nuova nel panorama romano del tempo. Infatti, secondo una consuetudine iconografica di matrice veneta, la composizione è incentrata sul rapporto tra amore e armonia, un'allegoria dell'armonia musicale, dunque, fondata sul modello elaborato da Cesare Ripa nel suo trattato sull'Iconografia del 1593.

Il serrato legame con l'ambiente musicale del tempo, si rafforza nel dipinto di Caravaggio, oltre che nella trascrizione in pittura degli spartiti musicali, anche attraverso la verosimile raffigurazione, nelle fattezze di uno dei cantori, del castrato spagnolo Pedro Montoya (anche il cantore risulta risiedere nel palazzo del cardinale, da lui stipendiato, tra il 1595 e il 1600).

Nel Suonatore di liuto, oggi all'Ermitage di San Pietroburgo, destinato alla «Stanza Grande de' quadri antichi» del marchese Vincenzo Giustiniani, altro esperto collezionista e prestigioso committente del pittore, Caravaggio mette in scena la pratica del madrigale o della frottola, con la presenza di un solo cantore che intona la parte melodica, generalmente quella più acuta, accompagnandosi con il liuto, cui fa riferimento il libro di musica in primo piano contraddistinto dalla scritta "Bassus". La valenza allegorica del dipinto si lega al rapido trascorrere del tempo armonico con allusione alla transitorietà della giovinezza e al suo fondersi con il tempo reale, in una dimensione fuggevole di Vanitas, in linea con le tematiche sull'armonia musicale espresse dalla pittura veneta. Nella variante del dipinto, oggi al Metropolitan Museum di New York, si coglie l'allusione all'armonia tra il canto del giovane musico, fondato su elementi matematici pitagorici, e l'accordo delle note spontanee e soavi del mansueto uccellino chiuso nella gabbietta, che si scorge sul piano di fondo. A quel tempo era infatti consuetudine alla moda porre "uccellerie" nei luoghi dove si suonava, per puro diletto musicale.


Il Suonatore di liuto è dunque un'allegoria musicale che sottolinea l'alternanza tra la musica della natura, ovvero quella del cardellino, e la musica artificialis prodotta dalla voce umana, ma al contempo fa riferimento alla nuova pratica musicale del "recitar cantando" secondo la formula ideata da Emilio de' Cavalieri che suggeriva la preminenza del testo letterario e con esso della voce, sulla musica strumentale.

Il Riposo nella fuga in Egitto, oggi nella Galleria Doria Pamphilij di Roma, è una delle creazioni più liriche del maestro lombardo, pervasa addirittura da un lieve tratto sentimentale di indiscussa poesia. Il dipinto segna il passaggio dai soggetti giovanili a figura unica alle storie sacre, divenute in seguito produzione abituale del pittore. La musica accompagna qui il momento sacrale, in cui lo Sposo e la Sposa, ossia Cristo e la sua Chiesa, dialogano nel Cantico dei Cantici. Il liuto è escluso in questo caso dalla composizione, in quanto strumento prevalentemente "profano" e inadatto ad accompagnare l'esecuzione del magnifico angelo di Dio posto di spalle.


Il tema celato di queste invenzioni è la "concordia", intesa dia in senso strettamente musicale, sia come punto d'equilibrio tra l'espressione dionisiaca e la armonia apollinea, sia come pace dei sensi, atta a precedere il profondo stato meditativo; il "sonno" di Maria che abbraccia e protegge Cristo, è paragonabile a un languido sfinimento d'amore. La musica leggibile nello spartito sorretto da san Giuseppe è un madrigale Quam pulchra es del fiammingo Noël Bauldewijn, la melodia accompagna il testo del Cantico dei Cantici. Dai quadri musicali di Caravaggio trarranno modello e ispirazione numerosi seguaci del maestro nel corso dei primi decenni del Seicento, mentre alla fine degli anni Trenta del Seicento la moda merisiana di ritrarre spartiti nei quadri cadrà in oblio e l'effimero mondo rappresentato dal grande artista lombardo verrà superato infine da nuovi modelli pittorici.

(Articolo tratto da Caravaggio - Luci e ombre di un genio, testi di Stefania Macioce, Edizioni White Star)

domenica 1 maggio 2022

Intervalli, scale e accordi - Altre scale

Oltre alla scala maggiore, alle scale minori e a quelle modali medievali, ne esistono altre, artificiali e non che sono state variamente utilizzate dai compositori antichi e moderni. In questa pillola vedremo le principali:
  • Scala minore "Bach" 
  • Scala pentatonica 
  • Scala esatonale 
  • Scala ottatonica 
  • Scala cromatica 
  • Scala tsigana 
  • Scala "enigmatica" di Verdi


TESTI DI RIFERIMENTO:

venerdì 29 aprile 2022

Sviluppo della notazione di durata

La notazione della durata, già presente nella misura delle vocali e delle sillabe nella lingua e nella metrica greca e latina, è approssimativa nel canto linguistico medioevale, sottintesa nella forma dei neumi o nelle litterae significative. Nel canto omofonico profano, e talvolta nell'innodia ambrosiana, è implicita nella metrica del testo poetico. La notazione mensurale vera e propria è legata allo sviluppo della polifonia: prima si differenziano e si contrappongono longa e brevis, in seguto compare la semibrevis. La minima come figura autonoma è teorizzata nel XIV secolo da Philippe de Vitry (Ars nova). I valori più piccoli, a partire dalla semiminima, si affermano via via nei secoli successivi.

Inizialmente il rapporto privilegiato tra le figure è quello ternario: quindi la durata di una figura può essere binaria o ternaria a seconda della sua proporzione con la figura immediatamente inferiore. Sempre alla teoria mensurale di Philippe de Vitry risalgono le indicazioni di modus (divisione della longa in tre o in due brevis), tempus (divisione della breve in tre o in due semibrevi) e di prolatio (divisione della semibreve in tre o in due minime). Fino a quasi tutto il XVII secolo esiste tra le figure questo rapporto variabile, con una conseguente serie di regole e di accorgimenti grafici che segnalano di volta in volta la situazione. Anche l'unità di misura, o di tactus (pulsazione), si sposta progressivamente dalla longa, alla breve, alla semibreve, alla minima, fino alla semiminima che, per la sua frequenza nella musica degli ultimi 250 anni, è oggi considerata l'unità di pulsazione di base (fondamentale).


Il punto di valore compare piuttosto presto, ora con funzione di punctum additionis (come l'attuale punto, che aggiunge ad una nota metà del suo valore), ora con funzione di punctum divisionis a ripartire valori ternari (quali le pulsazioni degli attuali tempi composti).

La legatura di valore tra note contigue parigrado, già presente nei codici manoscritti e nelle stampe musicali rinascimentali, si trova spesso sottintesa nella notazione fino alla prima metà del XIX secolo.

La stanghetta di battuta compare abbastanza tardi nella nitazione mensurale. Assente nei libri-parte della polifonia sacra e profana fino al secolo XVII, trova la sua ragion d'essere nelle intavolature strumentali, dove le barre verticali sono messe a volte senza riguardo al tempo o al tactus, solo allo scopo di rappresentare un ounto di riferimento per l'occhio che deve cogliere la polifonia nel suo insieme e realizzarla su un solo strumento. Quando la corrispondenza dell'apposizione delle stanghette di battuta comincia sempre più frequentemente a coincidere con il tactus o con un gruppo di tactus, avviene il passaggio al moderno concetto di battuta.

venerdì 4 marzo 2022

L'Auditorium Parco della Musica di Roma


È il secondo posto più visitato d'Europa, vi si ascolta musica, si acquistano libri, si prendono aperitivi, si assiste ai dibattiti, si partecipa a spettacoli, si mangia o semplicemente si passeggia. È il nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma, progettato da Renzo Piano nel quartiere del villaggio olimpico (inaugurato nel 2002), diventato uno dei maggiori poli attrattivi italiani e meta delle serate e dei week-end dei cittadini della capitale. Il complesso consta di tre grandi edifici dalla caratteristica forma di scarabeo interamente rivestiti di materiali tipici della Roma imperiale: mattoni rossi a cortina (a ricordare gli antichi opus), lastre di travertino come pavimentazione esterna e interna, supporti e coperte in piombo anticato.

Cercate nella programmazione un musicista che vi piace e andate ad ascoltarlo in una delle sale dall'acustica perfetta (Santa Cecilia, Sinopoli e Petrassi), rivestite in ciliegio statunitense scelto apposta per garantire un effetto sonoro quasi magico. Unica in Italia, la Sala Santa Cecilia ha un tempo di riverberazione di 2,2 secondi, ottenuto proprio grazie ai gusci lignei che fanno da "specchi acustici". La sala nasceva infatti solo per la musica classica, che non ha amplificazione elettrica e che deve raggiungere ben duemilasettecento ascoltatori in maniera omogenea. Oppure veniteci d'estate, e prendete posto nella grande cavea all'aperto, sui sedili di travertino, per ascoltare il vostro cantautore preferito sotto le stelle. Magari fate una passeggiata all'esterno per scoprire i resti di un'antica villa romana del VI secolo a.C., oppure osservate il colpo d'occhio sull'intera costruizione dal grande viadotto di Corso Francia per rendervi conto dell'impatto straordinario dell'opera sull'urbanistica della città.

Anche se qui ha sede l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l'Auditorium Parco della Musica non colma solo una mancanza decennale della capitale: nei fatti è una vera e propria fabbrica di cultura. I romani non passano qui solo le serate, ma vi si recano anche la domenica mattina, solo per fare colazione, leggere un giornale o per utilizzare la cavea interna per far pattinare i bambini. Se non avete bambini da portare, provate a pattinare voi stessi, senza alcun riguardo per la destinazione originaria d'uso degli spazi. Un grande parco verde avvolge le tre casse armoniche del complesso ponendolo in continuità con il quartiere Parioli e i suoi giardini. Puristi della musica e architetti forse un po' invidiosi hanno criticato il progetto, che però viene premiato ogni anno da oltre un milione di visitatori.

P.s.: in data 6 luglio 2021, il Comune di Roma ha deliberato di dedicare l'Auditorium a Ennio Morricone, il grande compositore romano, scomparso l'anno prima, divenuto celebre e apprezzato per le sue indimenticabili colonne sonore.

domenica 13 febbraio 2022

Armonia (Lezione 4): Il circolo delle quinte


Nelle lezioni prima e seconda abbiamo visto come ogni nota fondamentale (es. DO) è strettamente legata al suo primo armonico (es. SOL rispetto a DO) e all'ulteriore nota fondamentale di cui può essere a sua volta armonico (es. rispetto a FA). Fra i tanti risvolti che questa affinità comporta, c'è anche il fatto che gli stessi SOL e FA possono a loro volta stare alla base di sistemi di armonici indipendenti e quindi delle tonalità da essi derivate. Abbiamo notato poi come, indipendentemente dalla nota di partenza, la sequenza di toni e semitoni all'interno di una scala rimane costante, qualunque sia la tonalità.

In base a questa stretta relazione, le tonalità di SOL e FA sono dette vicine rispetto a quella di DO. Una caratteristica che salta subito all'occhio è che le fondamentali di queste tonalità sono tutte poste a distanza di quinta giusta l'una dall'altra: nello specifico, rispetto al DO, il FA è posto una quinta sotto, il SOL una quinta sopra.


Stando così le cose, anche SOL e FA avranno dunque le loro tonalità vicine, che a loro volta avranno le proprie, secondo una progressione che va di quinta giusta in quinta giusta. Seguendo questo principio, sarà possibile ricavare le note fondamentali di tutte le scale musicali reali: più si sale (o si scende) di quinta meno affinità c'è con la tonalità di partenza, in quanto diminuiscono le note in comune. Infatti, come spiegato nella lezione due, per mantenere la giusta disposizione dei toni e dei semitoni della scala diatonica, le note devono essere alterate di conseguenza.

Questa concatenazione può essere idealmente schematizzata in un diagramma circolare detto circolo delle quinte.


Il circolo delle quinte permette di individuare le tonalità e le alterazioni di cui necessitano per mantenere il giusto equilibrio di toni e semitoni. E, poiché queste alterazioni sono costanti all'interno di un brano, esse vengono scritte all'inizio del pentagramma subito dopo la chiave: per questo motivo si parla di "alterazioni in chiave" o "armatura di chiave".


Utilizzando come punto di partenza la tonalità di DO maggiore, che non presenta alterazioni in chiave, se si segue la circonferenza verso destra si avranno le tonalità con i diesis in chiave.


Se invece si segue la circonferenza verso sinistra si avranno le tonalità con i bemolle.


La circolarità si deve alle ultime tre tonalità della sequenza che, per effetto del sistema temperato, hanno equivalenti enarmoniche (SI maggiore - DO bemolle maggiore; FA diesis maggiore - SOL bemolle maggiore; DO diesis maggiore - RE bemolle maggiore): in questo modo si effettua una sorta di "scambio" fra la successione dei diesis e dei bemolle:


Lo schema funziona ugualmente anche per le tonalità minori, le quali, come vedremo meglio in seguito, partono dal sesto grado delle scale maggiori corrispondenti, presentando di conseguenza le medesime alterazioni.

Il circolo delle quinte è di fondamentale importanza non solo per il riconoscimento della tonalità di un brano musicale e per la determinazione delle alterazioni che caratterizzano le scale, ma anche per la precisazione dei rapporti fra le varie tonalità e per lo studio del temperamento equabile, di cui questo diagramma è il prodotto più importante. Per ulteriori caratteristiche del circolo delle quinte si rimanda a un manuale di teoria musicale.

ALCUNI TESTI CONSIGLIATI:
Manuali di teoria musicale dove approfondire il discorso sul circolo delle quinte:

mercoledì 9 febbraio 2022

Contrappunto (Lezione 1): Regole generali del contrappunto


Come abbiamo detto nella lezione introduttiva, lo studio del contrappunto scolastico procede in base al numero di voci impiegate (da due a otto) e, per ciascuno di essi, in base alle varie specie (nota contro nota, due note contro una, quattro note contro una, sincopi e fiorito). Ogni specie ha le proprie particolarità, ma tutte devono comunque rispondere alle regole generali, che saranno appunto oggetto di questa prima lezione.

Partiamo dunque col dire che tutti i principi fondamentali dell'armonia in termini di condotta delle parti, intervalli e accordi sono applicabili anche al contrappunto. Tuttavia, per le sue peculiari differenze rispetto all'armonia, il contrappunto presenta le seguenti particolarità:
  • nel contrappunto sono contemplati solamente l'accordo perfetto maggiore, l'accordo perfetto minore e il loro primo rivolto; l'accordo di quinta diminuita è invece ammesso solo al primo rivolto; gli accordi di settima e i loro rivolti sono sempre ammessi, salvo il secondo rivolto quando produce una quarta giusta con il basso, e solo con preparazione e relativa risoluzione; deve essere inoltre evitato in qualsiasi modo l'accordo di quarta e sesta o qualsiasi combinazione che lo possa produrre.
  • sono ammessi solamente i moti melodici di seconda minore, seconda maggiore, terza minore, terza maggiore e tutti gli intervalli giusti; per quanto riguarda la sesta minore, alcuni trattati la consentono solo per moto ascendente, altri non pongono limiti; la sesta maggiore è invece tendenzialmente ammessa solo nei contrappunti a sette e a otto voci; inoltre, il contrappunto rigoroso non contempla in nessun modo il genere cromatico;
  • bisogna prestare particolare attenzione alla falsa relazione di tritono, specialmente quando essa si verifica fra le due voci estreme, di cui la prima sale dalla sensibile alla tonica o dal sesto grado alla sensibile, mentre quella inferiore tocca, discendendo, la controsensibile;
  • anche le quinte e le ottave devono essere trattate con particolare scrupolo; come nell'armonia, sono sempre proibite le quinte e le ottave parallele, anche laddove esse si generino per incrociamento delle voci;
  • non sono inoltre permesse le quinte e le ottave cosiddette nascoste o dirette fra le parti estreme; infine, come nell'armonia, i cambiamenti di posizione o di stato dell'accordo non neutralizzano gli errori di quinta e ottava, salvo che intervenga fra di esse un cambio di armonia;
  • sono permesse modulazioni solamente ai toni vicini; si devono inoltre evitare le progressioni armoniche;
  • il disegno melodico deve prediligere il grado congiunto; devono dunque essere evitati gli arpeggi e la reiterazione ravvicinata di grandi salti; gli unici ornamenti concessi sono le note di passaggio e di volta, in base a speciali regole valide per ogni specie; devono essere inoltre evitati disegni melodici, ascendenti o discendenti, il cui arrivo è in rapporto di quarta o quinta eccedente rispetto alla nota di partenza, a meno che l'ultima nota non disti dalla precedente un semitono; le voci, infine, è preferibile che si muovano per moto contrario o obliquo piuttosto che per moto retto;
  • è invece consentito il raddoppio della sensibile, che in alcuni casi può anche non salire alla tonica per esigenze legate alla specie di riferimento;
  • è consentito l'incrociamento delle voci, ma solo a condizione che esso sia di breve durata, che sia imposto da esigenze di condotta delle parti e non si trovi sulla prima e sull'ultima battuta;
  • la ripetizione di due note uguali è consentita solo in valori di semibreve; in tutti gli altri casi è proibita;
  • il disegno melodico dev'essere il più possibile vario; vanno dunque evitate ripetizioni assidue di uno stesso disegno melodico e il frequente ritorno delle stesse formule; è però consentito ripetere uno stesso disegno per due volte a cavallo di battuta;
  • Evitare per quanto possibile, specie in minime contro semibrevi, l'urto di seconda minore nella realizzazione di una nota di passaggio o di volta; tale urto è invece tollerato in semiminime;
  • l'accordo finale dev'essere preceduto, nella penultima battuta, da un'armonia di dominante, a meno che il canto dato non si trovi nel basso, cosa che invece impone di utilizzare un'armonia di quinta diminuita per evitare l'accordo di quarta e sesta;
Per eseguire gli esercizi, è necessario disporre di un canto dato. Quest'ultimo è generalmente composto in semibrevi. Nel passaggio da una voce all'altra, il canto dato può essere trasportato in tonalità diverse da quella in cui viene presentato, per meglio adattarsi alla tessitura della voce a cui viene assegnato. I manuali di contrappunto presentano sempre un cospicuo numero di canti dati su cui esercitarsi: avere a disposizione più fonti permette di creare una raccolta personale dalla quale attingere una grande varietà di esempi.

Dalla prossima lezione cominceremo a trattare il contrappunto a due voci, analizzando la prima specie - nota contro nota.

TESTI DI RIFERIMENTO:
ALTRI TESTI CONSIGLIATI:

domenica 23 gennaio 2022

Contrappunto (Introduzione): Che cos'è il contrappunto?


Similmente all'armonia, il contrappunto è una disciplina musicale che studia come combinare più suoni contemporaneamente. A differenza dell'armonia, però, che ha un'applicazione più generale, il contrappunto predilige sobrietà di stile e combinazioni ristrette, generalmente tendenti alla consonanza. Inoltre, mentre l'armonia si basa principalmente sul concetto di accordo, quindi una sovrapposizione verticale delle voci, che tendono per questo ad essere vincolate l'una all'altra, il contrappunto si basa sull'intreccio di più melodie fra di loro indipendenti.

Il termine deriva dalla locuzione latina ponere punctum contra punctum, ovvero quella pratica, in uso agli albori della polifonia medievale, che si basava sulla sovrapposizione di una voce ad un'altra, detta cantus firmus, con una corrispondenza appunto nota contro nota. Con il tempo, le combinazioni si sono ampliate, fino ad arrivare alla grande arte contrappuntistica del rinascimento e, in seguito, alla forma della fuga, ma contrappunto è rimasto in uso a designare questo stile severo e rigoroso, principalmente legato alla musica sacra.

Il contrappunto scolastico studiato oggi, però, non fa riferimento a quello storico dei secoli XVI e XVII, ma a una prassi accademica sviluppata principalmente in Francia nel corso dell'ottocento. In base a questa metodologia, l'allievo viene introdotto alla pratica contrappuntistica per grado, partendo, nelle prime fasi di studio, dal contrappunto semplice costruito su un canto dato (che richiama l'antico cantus firmus) secondo cinque specie: nota contro nota, due note contro una, quattro note contro una, sincopi e fiorito. Ognuna di queste specie viene poi applicata al numero di voci di cui si compone il contrappunto: si parte da due voci fino ad arrivare alle quattro voci; dalle cinque alle otto voci, invece, le specie si riducono solo alla prima e alla quinta, poiché le altre risulterebbero eccessivamente macchinose. Apice di questa prima fase dello studio è 
il contrappunto a due cori, ovvero un contrappunto a otto in cui le voci sono distribuite in due gruppi di quattro, che dialogano fra di loro in un complesso gioco di risposte e di alternanze, fino ad approdare ad un tutt'uno ricolmo di sonorità. 

In una seconda fase dello studio, l'allievo familiarizzerà con le tecniche imitative e poi con il contrappunto doppio. Solo in seguito potrà definitivamente arrivare allo studio della fuga, summa perfetta fra il rigore ricercato dal contrappunto e la libertà di movimento delle singole voci.

Lo studio del contrappunto è da sempre considerato una palestra imprescindibile per tutti i compositori: arrivare a padroneggiarlo significa sviluppare una scrittura melodica elegante, versatile e indipendente, capace di combinare liberamente le parti ma con una logica di fondo. Come il latino e il greco antico permettono di avere una marcia in più nello studio delle lingue e la filosofia permette di sviluppare un proprio pensiero critico, così il contrappunto e la fuga conferiscono al compositore quella forma mentis necessaria a raggiungere una scrittura raffinata, che sappia essere ad un tempo sofisticata e sobria, ricca ed equilibrata, in altre parole, ad avere piena padronanza dell'arte compositiva.

TESTI DI RIFERIMENTO:

sabato 15 gennaio 2022

Recensione libri: "Gioachino Rossini - Una vita", di Gaia Servadio (Universale Economica Feltrinelli)

Qual era la vera personalità di Gioachino Rossini? Era davvero un compositore votato solo all'opera buffa? E perché, a soli trentasette anni e all'apice della sua carriera, il maggior operista europeo dell'epoca si ritirò definitivamente dalle scene per i successivi trentanove anni della sua vita?

Indagare la vita di Gioachino Rossini significa entrare in contatto con un uomo dalla personalità complessa, capace di mostrare una maschera di giovialità per nascondere un animo tormentato e nevrotico. Se in gioventù, il Cigno di Pesaro era divenuto un vero e proprio idolo delle folle, una sorta di rockstar del primo ottocento (popolarità che fece invidia a Lord Byron), amatore spregiudicato che avrebbe potuto tenere testa a Don Giovanni, in vecchiaia si tramutò in un vecchio brontolone, reazionario e dalla lingua tagliente, che non risparmiava battute sferzanti anche nei confronti dei potenti. Delle sue opere, tutti conosciamo i capolavori comici: solo dalla seconda metà del secolo scorso si è assistito ad una riscoperta e ad una rivalutazione delle sue opere serie, gettando nuova luce su un autore dall'intuito teatrale formidabile e dalla raffinatissima scrittura orchestrale.

Il libro Gioachino Rossini - Una vita, scritto da Gaia Servadio e pubblicato da Feltrinelli, indaga i risvolti più reconditi della vita di Rossini, svelando aneddoti sconosciuti e tentando di ricostruire la sua complessa personalità artistica e umana. Gaia Servadio ha scritto per numerose testate giornalistiche e televisive, ha fatto parte dell'esecutivo della London Symphony Orchestra, ha affiancato Claudio Abbado nell'organizzazione del festival Mahler and the Second School of Vienna ed ha collaborato con il Teatro Massimo di Palermo. Già autrice di una prima biografia di Rossini agli inizi degli anni 2000, è ritornata a curarne un'altra, come lei stessa dice "spinta da Euterpe e da Calliope", aggiornata alle nuove conoscenze acquisite in merito a questo compositore. 

Il libro si basa sull'analisi critica di un epistolario trovato solo di recente: oltre 250 lettere che esprimono bene lo humour feroce del Maestro, le sue passioni nascoste, ma anche il male e il bene di vivere. La pazzia e il genio sono fratelli gemelli, non solo in Mozart, ma anche in Rossini.

Buona lettura!

lunedì 10 gennaio 2022

Edizioni musicali: I Maestri Cantori di Norimberga di Richard Wagner (Dover Pubblications)

Concepita inizialmente come controparte comica di Tannhäuser, di cui riprende il tema della tenzone canora che prevede come premio la mano di una fanciulla, I Maestri Cantori di Norimberga è un'opera che riveste un ruolo particolare nel panorama wagneriano. Unica commedia della produzione di Wagner, se si esclude la giovanile Il divieto d'amare, che lo stesso compositore non aveva ritenuto degna di essere rappresentata al teatro di Bayreuth da lui concepito (disconoscimento che equivale ad una sorta di ripudio), essa rappresenta una sorta di affresco autobiografico della vita del suo creatore. Walter von Stolzing, il protagonista, entra infatti in contrasto con la gilda dei Cantori, custodi di una tradizione musicale rigida e ben radicata, restia ad aprirsi a ventate di cambiamento: similmente, il rivoluzionario linguaggio wagneriano metteva in discussione i canoni del melodramma del primo ottocento e per questo motivo non venne subito capito e apprezzato. 

Nel bene o nel male, I Maestri Cantori sono anche un inno alla germanicità, che sarebbe poi stato travisato dalle derive nazionalistiche del novecento, mancando di rendere giustizia ad un'opera che tuttavia non disdegna di prendere spunto anche da altre tradizioni musicali: accanto all'arte bachiana del corale, infatti, vi è un massiccio ricorso al contrappunto di impostazione palestriniana, mentre a fronte del declamato tipico del tardo Wagner e portato all'estremo nella Tetralogia, possiamo incontrare, nelle melodie di Walter, un afflato melodico di chiara impronta italiana. L'opera tuttavia si presenta compatta in una straordinaria unità di stile, animata da un'inventiva musicale che Wagner avrebbe saputo superare solo più tardi con Parsifal.

In questa edizione della partitura, pubblicata dalla casa editrice americana Dover Publications, viene riproposta l'autorevole edizione Peters dei primi anni del '900. Nelle prime pagine viene fornita la prefazione originale in tedesco con la sua traduzione in inglese, appositamente preparata per questa edizione. Fatto per durare nel tempo, il volume è rilegato a filo, in modo tale da rimanere aperto da solo e da consentire così una pratica consultazione.

martedì 4 gennaio 2022

Armonia (Lezione 3): Gli intervalli


Nella lezione precedente abbiamo esposto i concetti di intervallo, tono e semitono. Abbiamo visto che il tono e il semitono, oltre ad essere unità di misura della distanza, sono a loro volta esempi di intervallo, cioè la distanza fra due suoni posti a differenti altezze. Infine, abbiamo anche accennato che esistono intervalli più ampi di un tono intero.

Generalmente si dice che gli intervalli sono porzioni di scala caratterizzati dai toni e dai semitoni compresi fra i due suoni che le delimitanoOgni intervallo ha un proprio nome, composto di due parti: la prima indica la distanza che intercorre fra le note (seconda, terza, quarta etc...), la seconda la sua specie (maggiore, minore, giusta etc...). L'intervallo si calcola partendo dalla nota più grave e contando i toni e i semitoni che la separano dalla nota più acuta.

In base alla distanza, gli intervalli si dividono in semplici e composti. Gli intervalli semplici sono tutti quelli il cui valore è minore o uguale a 8: unisono, seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima, ottava


Il computo della distanza tiene conto sia della nota di partenza che di quella di arrivo. Nello specifico, l'unisono non è un vero e proprio intervallo, in quanto corrisponde alla stessa nota emessa alla medesima altezza da due voci contemporaneamente.


Possiamo meglio comprendere quanto detto se le due voci prese in considerazione hanno timbro diverso, come un flauto e un oboe:


L'unisono ha valore 1, poiché, se per esempio partissimo dal DO, questa sola nota dovremmo contare.

Una seconda, invece, è compresa fra due note contigue (es. DO-RE) ed ha per questo valore 2: essa corrisponde quindi al moto congiunto di cui abbiamo parlato in precedenza.


La terza è costituita da una distanza di valore 3, pioché nella terza DO-MI le note da contare sono tre, compreso il RE di mezzo (DO-re-MI).


Lo stesso principio è usato anche per gli intervalli più grandi (quarta, 4 note: DO-re-mi-FA; quinta, 5 note: DO-re-mi-fa-SOL; etc...).


Per quanto riguarda l'ottava, essa è la ripetizione della stessa nota ma ad un'altezza diversa (superiore o inferiore).


Seguendo la scala musicale, infatti, dopo la settima nota SI, l'ottava successiva è di nuovo un DO, come quello di partenza ma più acuto.


Gli intervalli composti sono quelli che hanno valore maggiore di 8 e non sono altro che l'ottava superiore di quelli semplici: per ricavare l'intervallo semplice di base basta sottrarre 7 al valore di quello composto. La nona corrisponde quindi alla seconda, la decima alla terza, l'undicesima alla quarta etc...; l'ottava dell'ottava è detta quindicesima e generalmente non si va oltre.


Ora, non tutte le seconde, le terze, le quarte etc... sono uguali. Se per esempio considerassimo la terza DO-MI noteremmo che suona diversa dalla terza MI-SOL. Questo perché, pur essendo composte da tre note, la disposizione dei toni e dei semitoni al loro interno  è differente.

La quantità di toni e semitoni compresi in un intervallo ci dà la loro specie, indicata nella seconda parte del suo nome. Secondo la nomenclatura più diffusa, in base alla specie gli intervalli possono essere maggiori, minori, giusti, eccedenti o aumentati, diminuiti, più che eccedenti o più che aumentati, più che diminuiti. Nello studio dell'armonia, si fa principalmente riferimento alle prime cinque specie: gli intervalli più che aumentati e quelli più che diminuiti, pertanto, li citiamo a titolo puramente informativo. 

Sono maggiori o minori le seconde, le terze, le seste e le settime; sono giusti gli unisoni, le quarte, le quinte e le ottave. Tutti questi intervalli possono essere alterati cromaticamente per ottenere quelli eccedenti, diminuiti, più che eccedenti o più che diminuiti. Esistono però specifici criteri di derivazione:
  • Aggiungendo o togliendo un semitono a un intervallo giusto, questo diviene rispettivamente eccedente o diminuito; diviene più che eccedente o più che diminuito se la differenza è di due semitoni;
  • Aggiungendo uno o due semitoni a un intervallo maggiore, questo diventa rispettivamente eccedente o più che eccedente; se però il semitono viene tolto, l'intervallo diventa minore; è invece diminuito se la differenza è di due semitoni;
  • Similmente, togliendo uno o due semitoni a un intervallo minore, questo diventa rispettivamente diminuito o più che diminuito; se però il semitono viene aggiunto, l'intervallo diventa maggiore; è invece eccedente se la differenza è di due semitoni.


Nella scala diatonica maggiore, gli intervalli che si vengono a formare fra il primo e gli altri gradi della scala sono tutti maggiori o giusti. 


Questa caratteristica della scala può essere presa come metro di paragone per individuare la natura degli intervalli: se gli estremi appartengono alla scala, allora l'intervallo sarà sicuramente maggiore o giusto; se gli estremi sono alterati, basta calcolare di quanti semitoni cresce o difetta l'intervallo risultante (es. DO-MI: terza maggiore > DO-MI bemolle: terza minore > DO diesis-MI bemolle: terza diminuita etc...)


Molti intervalli, pur avendo scritture e nomi diversi, possono avere la stessa sonorità: quando ciò accade, si dice che sono enarmonici (detti anche omologhi o omofoni). Per questo motivo, se suonati da soli, gli enarmonici non possono essere distinti l'uno dall'altro (per esempio una seconda eccedente da una terza minore). 


Sarà il contesto armonico a chiarire la reale natura dell'intervallo.


L'enarmonia è facilmente identificabile convertendo l'intervallo in semitoni: nell'esempio, sia la terza minore (1 tono+ 1 semitono) sia la seconda eccedente (1 tono e mezzo) risultano composti da 3 semitoni. La differenza sta nel considerare gli estremi dell'intervallo: nel primo caso, DO-RE diesis è una seconda, perché due sono le note da contare (DO-RE); nel secondo, DO-MI bemolle è una terza, perché invece le note da contare sono tre (DO-re-MI).

Fra gli intervalli giusti, l'unisono raramente viene considerato nelle sue forme alterate: l'unica possibilità contemplata è il semitono cromatico, ovvero un semitono composto da due note dello stesso nome di base ma differenziate sonoramente da un'alterazione (es. DO-DO diesis). A tal proposito, alcuni testi parlano di "prima" in contrapposizione all'unisono vero e proprio. Il semitono cromatico è enarmonico della seconda minore, che invece si basa sul semitono diatonico, composto da due note con nome diverso, come quelli presenti nella scala diatonica (es. MI-FA; SI-DO).

Molti intervalli enarmonici sono puramente teorici e vengono raramente presi in considerazione nelle prime fasi dello studio dell'armonia. Di seguito, pertanto, viene fornito l'elenco di tutti gli intervalli più comuni con i loro valori in termini di toni e semitoni; tra parentesi vengono indicati gli equivalenti enarmonici più usati. Per un quadro completo degli intervalli si rimanda a un manuale di teoria musicale.


I suoni che compongono un intervallo possono scambiarsi di posizione: per far ciò, mentre una voce resta ferma, l'altra viene alzata o abbassata di un'ottava. Questo procedimento è detto rivolto degli intervalli. Il rivolto non cambia solo la posizione delle note ma anche la natura degli intervalli. In base alla distanza, l'unisono rivoltato dà l'ottava, la seconda la settima, la terza la sesta, la quarta la quinta e viceversa. In base alla specie, gli intervalli maggiori diventano minori, quelli eccedenti e più che eccedenti diminuiti e più che diminuiti e viceversa; quelli giusti infine restano tali.


ALCUNI TESTI CONSIGLIATI:
Manuali di teoria musicale dove approfondire il discorso degli intervalli: