mercoledì 20 maggio 2020

Armonia (Lezione 1): Fondamenti di acustica - i suoni armonici


Perché quando sentiamo una scala musicale percepiamo una successione ordinata di suoni secondo uno schema ben preciso? Perché l’abitudine all’ascolto ci porta a considerarla una sequenza predefinita, come insita in tutti noi?

Generalmente, il fatto che una scala musicale sia in do piuttosto che in re, significa che questa o quella nota è considerata centrifuga rispetto alle altre. Per questo motivo è detta centro tonale o nota fondamentale. Questa centralità ha spiegazioni scientifiche e si basa sul concetto di sequenza armonica


Immaginiamo di avere una corda tesa fra due punti fermi e che questa corda, se pizzicata, produca un do.




Questo do, che chiameremo suono 1, è in realtà composto da ulteriori suoni che si propagano da esso come cerchi concentrici. L’orecchio umano percepisce principalmente questo do, ma in taluni casi, a seguito della nota effettivamente emessa, nell’aria si propagano altri suoni, come nei rintocchi di una grossa campana.


Questo perché i suoni in questione sono “contenuti” in quello principale. Possiamo considerarli come dei “sottomultipli”, delle “frazioni” del suono stesso. Per estrapolare uno di essi, sarà dunque sufficiente dividere la fonte sonora per la porzione corrispondente alla frequenza del suono secondario.

Nel caso della nostra corda do, a parità di lunghezza e di tensione, poniamo un ponticello mobile in corrispondenza della metà.



Pizzicando le due parti così ottenute, otterremo un nuovo suono do, ma più acuto, che chiameremo suono 2. Per motivi che vedremo meglio in seguito, si dice che questo suono 2 è posto un’ottava sopra il suono 1



Isolando ulteriormente un terzo di corda, otterremo come nota un sol che chiameremo suono 3.



Dividendo la corda in frammenti sempre più piccoli (1/4; 1/5; 1/6 etc…) si avranno note sempre più acute, contrassegnate con un numero corrispondente al denominatore della frazione che indica la porzione di corda sollecitata. Sono questi i cosiddetti suoni armonici.


Da notare che ad ogni raddoppio del denominatore corrisponde la stessa nota ad ottave più acute.



Di conseguenza, gli armonici 1, 2, 4, 8 saranno tutti dei do, mentre gli armonici 3, 6, 12 saranno tutti dei sol e così via.

Come si è potuto osservare nell'immagine, taluni suoni ritornano più spesso di altri. Nello specifico, il do (quattro volte) compare con maggiore frequenza, ponendosi quindi come quel centro tonale si cui si parlava prima. 
Il secondo suono più frequente è il sol (tre volte), il quale, come vedremo, è la nota più influente della tonalità dopo la fondamentale. Poi viene il mi (due volte), che combinato con do e sol forma la triade fondamentale di do maggiore.

Come si può ulteriormente notare, il suono 3 è strettamente legato al suono 2, ottava del suono fondamentale, posto una quinta sotto:


Ne consegue che lo stesso suono fondamentale, nel nostro esempio il do, può essere a sua volta suono armonico di un fa più grave di una quinta:



Per il medesimo principio, quindi, il sol può essere ulteriormente suono fondamentale di una serie di armonici che da esso si sviluppa:


Ciò significa che ogni nota può essere sia suono fondamentale sia armonico di un altro sistema di armonici. Nello specifico, do, sol e fa sono quindi strettamente affini. Non a caso, come si vedrà meglio in seguito, essi sono i fondamenti stessi della tonalità: tonica (do), dominante (sol), sottodominante (fa).


In base a questi fenomeni fisici, ogni civiltà ha sviluppato sistemi musicali suoi propri. In occidente, sin dagli antichi greci e fino ai secoli XVII e XVIII, si svilupparono la moderna armonia tonale e il concetto di scala diatonica, che sarà argomento della prossima lezione. Precisiamo ulteriormente, però, che il sistema tonale occidentale non deriva in realtà direttamente dagli armonici naturali, ma si basa sul cosiddetto temperamento equabile, cioè una versione "temperata", standardizzata degli armonici stessi, 
dato che, per fenomeni fisici particolari che verranno trattati in seguito, i rapporti qui sopra descritti non sono matematicamente perfetti in natura.

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