domenica 29 gennaio 2023

Armonia (Lezione 5): La triade


La sovrapposizione di due o più intervalli armonici è detta accordo. L’accordo alla base dell’armonia tonale è detto triade in quanto composto da tre suoni, sovrapposti per terze.


La nota di base è detta fondamentale, le altre, in ragione della loro distanza da questa, sono dette, dal basso verso l'alto, terza e quinta


I loro nomi restano invariati anche se cambiano di posizione. 


Come gli intervalli, anche le triadi possono variare di timbro e, in base a a ciò, di nome: questo è dovuto alla diversa natura degli intervalli che la compongono e alla loro combinazione. 

Nell'armonia classica si distinguono principalmente quattro specie di triadi:
  • Una triade composta dalla sovrapposizione di una terza maggiore e di una minore, cioè con il secondo suono posto a una terza maggiore e il terzo a una quinta giusta dalla fondamentale, è detta triade maggiore;


  • Una triade composta dalla sovrapposizione di una terza minore e di una maggiore, cioè con il secondo suono posto a una terza minore e il terzo a una quinta giusta dalla fondamentale, è detta triade minore;


  • Una triade composta dalla sovrapposizione di due terze minori, cioè con il secondo suono posto a una terza minore e il terzo a una quinta diminuita dalla fondamentale, è detta triade diminuita;


  • Una triade composta dalla sovrapposizione di due terze maggiori, cioè con il secondo suono posto a una terza maggiore e il terzo a una quinta eccedente dalla fondamentale, è detta triade eccedente.


Come gli intervalli, anche le componenti dell’accordo possono essere rivoltate; tuttavia, non tutti i cambi di posizione comportano dei rivolti. Il rivolto di una triade è dato esclusivamente dalla nota che si trova al basso, indipendentemente dalle posizioni assunte dalle note superiori (t
orneremo in seguito sugli effetti sonori dei vari rivolti):
  • Se al basso si trova la fondamentale, la triade si dice in stato fondamentale;


  • Se al basso si trova la terza dell’accordo, la triade si dice in primo rivolto;


  • Se al basso si trova la quinta, la triade si dice in secondo rivolto.


Intervalli e accordi sono comunemente distinti in consonanti e dissonanti
Si dice che un intervallo o una triade è consonante se la sua sonorità risulta stabile ed equilibrata. Si dice che un intervallo o una triade è dissonante se la sua sonorità risulta instabile, cosa che innesca in noi la necessità di sentirla risolvere in una consonanza.


Per quanto riguarda gli intervalli, sono considerati consonanti: terze e seste, sia maggiori che minori, e quinte giuste. 
Sono considerati dissonanti, invece: seconde e settime sia maggiori che minori, e tutti gli intervalli eccedenti e diminuiti. La quarta giusta ha una posizione ambigua, in quanto, se isolata o scoperta nel basso, è considerata dissonante, mentre è consonante se sorretta da una terza o da una quinta.


In base a queste considerazioni, sono consonanti tutte le triadi maggiori e minori in stato fondamentale e in primo rivolto, sono invece dissonanti le triadi maggiori e minori in secondo rivolto e le triadi eccedenti e diminuite in tutti gli stati.

N.B. “Dissonante” non va assolutamente inteso come sinonimo di “sgradevole” e quindi assolutamente da evitare. Le dissonanze conferiscono movimento, colore e tensione, rendendo un pezzo musicale più interessante. Inoltre, anche fra gli accordi cosiddetti "dissonanti" ve ne sono alcuni che risultano paradossalmente più stabili di altri. La dissonanza e la consonanza sono del resto concetti relativi, che possono cambiare anche in maniera considerevole in relazione all'epoca e alla cultura musicale di riferimento. Noi ci limiteremo a considerare la consonanza e la dissonanza in base alle regole dell'armonia tonale occidentale.

ALCUNI TESTI CONSIGLIATI:
Manuali di teoria musicale che trattano pure delle triadi:

mercoledì 4 gennaio 2023

La teoria della musilingua

Jean-Jacques Rousseau [1755] avanzò per primo l'ipotesi che linguaggio e musica fossero in origine tutt'uno, attraverso una comunicazione emotiva di significati semplici. Tale teoria, in seguito scartata, è stata ripresa di recente dall'approccio «olistico» sull'origine della lingua che si contrappone a quello «composizionale». La teoria composizionale, basandosi sull'idea di un'innata grammatica linguistica formulata da Noam Chomsky fin dal 1957, suppone una fase protolinguistica in cui l'uomo, non ancora sapiens, si limitava a 'sonorizzare' oggetti e azioni per introdurre gradualmente i nessi fra i fonemi [Bickerton 1981 e studi successivi]. Al contrario, l'approccio olistico (dal greco olos, 'tutto') immagina un linguaggio originario di sonorità e suggestioni non verbali che corrispondono a pensieri complessi, più in seguito frammentato in singole parole intercambiabili [Wray 2002]. In questa più convincente lettura s'inseriscono gli indirizzi più recenti, come quello di Steven Brown [2000] che conia il termine «musilingua» e il contributo dell'archeologo Steven Mithen [2006] che definisce la fase protolinguistica «olistica, multimodale, manipolativa, musicale e mimetica».

Tali ipotesi sembrano rispecchiarsi nel mito di Babele e della dispersione delle lingue. È possibile che gli antichi ricordassero un tempo in cui si poteva comunicare fra tribù diverse in forma olistica; in seguito la specializzazione del linguaggio, visto come atto di ribellione verso Dio, è stata punita con la parcellizzazione dei modi di comunicare. Il linguaggio più tecnico insomma, certamente più preciso ma evolutosi successivamente in forme diverse, può essere apparso, per il suo portato di astrazione e per essere compreso solo in ambienti risretti, come atto di orgoglio.
(Articolo tratto da Storia della musica - Dalle origini al seicento, di Davide Daolmi, Le Monnier Università)