mercoledì 15 gennaio 2025

Piega e infinito in area tedesca

La filosofia di Leibniz, elaborata a cavallo tra Sei e Settecento, può aiutare a capire tanti aspetti del repertorio tedesco coevo. Principio fondante dell'estetica barocca, secondo il filosofo, è il concetto di piega [...]: una venatura, paragonabile alla marmorizzazione della materia, che diventa elemento distintivo di tutte le arti. Per Leibniz non è la piega in sé a definire l'originalità del barocco, lo è piuttosto la sua tendenza a prolungarsi all'infinito, debordando oltre i confini imposti dalla dimensione finita della creazione aristica. Barocca, in questo senso, è quella figura che sembra fuoriuscire dalla cornice. Le sculture di Johann Joseph Christian [...], fatte di curve che danno l'impressione di gonfiare in maniera sinuosa i corpi, sono in ambito tedesco le migliori espressioni di questo pensiero. Ma il concetto si estende anche all'architettura: basti pensare all'interno delle chiese barocche (costruite in area tedesca spesso nella prima metà del Settecento), che si contorcono tutte (altare compreso)  nel tentativo di contenere all'interno delle pareti una tensione spirituale rivolta verso la cupola. Tutte queste esperienze si prolungano nelle pieghe melodiche della musica bachiana di inizio settecento, che [...] tende ad arricciare le sue linee verso un punto di fuga apparentemente collocato all'infinito.

Per Leibniz è il labirinto [...] il luogo capace di trovare una mediazione tra pieghe e infinito: i suoi percorsi contorti possono dare l'imprensione dell'eterno vagare. I giochi di specchi, tipici dell'architettura barocca [...], elaborano a stessa dialettica: stanze nelle quali i riflessi danno l'impressione di prorogare la stessa immagine all'infinito, oppure trompe l'oeils che sfruttano la rifrazione per creare la sensazione dell'allargamento spaziale. Nella musica tedesca tra Sei e Settecento l'immagine del labirinto si coglie in quegli intricati passaggi polifonici che talvolta danno all'ascoltatore la sensazione di perdere l'orientamento. Mentre gli specchi si trasformano nelle continue imitazioni o progressioni di figure melodiche, le quali si riflettono in voci diverse o viaggiando attraverso i gradi della scala producendo la fantasia della dilatazione infinita.

Una delle più celebri intuizioni sulla musica di Leibniz è condensata in questa affermazione: «La musica è un nascosto esercizio di aritmetica dello spirito inconsapevole di calcolare». Il filosofo sostiene che il piacere dell'ascolto provenga da un rapporto tra consonanze e dissonanze basato su leggi matematiche, ma che le operazioni di calcolo sottese a queste leggi avvengano senza lasciare una traccia consapevole. In sostanza l'uomo, fruendo la musica, farebbe calcoli nella sua testa senza accorgersene. Solo Dio infatti, secondo Leibniz, sarebbe in grado di avere una conoscenza distinta del mondo (e quindi anche della musica), mentre all'animo umano sarebbe concessa esclusivamente una percezione confusa delle cose.

Questo pensiero è rappresentato anche dall'immagine del cono, ricorrente nel barocco, la figura solida che ripiega tutta la materia in una forma rivolta verso l'alto, e quindi verso Dio. Nella musica tedesca la stessa figura si può cogliere nella frequente convergenza tra unità e varietà («omnis in unum»). Il materiale viene scomposto da molteplici elaborazioni, che tuttavia possono essere sempre ricomposte in una visione conica, protesa verso una sola origine: il tema (o soggetto), inteso come elemento che genera l'intera composizione.

(Andrea Malvano, Storia della musica. Dal Settecento all'età contemporanea, Le Monnier Università, pagg. 1-3)

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