sabato 5 aprile 2025

Le vere origini del Requiem di Mozart


Nel mese di luglio [1791] a Wolfgang venne commissionata una grande Messa di Requiem, riguardo alla quale si è detto tutto e il contrario di tutto, ossia che il committente avrebbe pagato molto bene, a patto però di rimanere nel più assoluto anonimato e che dopo un attimo di sconcerto, dovuto anche al modo con il quale gli era stata ordinata la composizione, non potendo rifiutare un lavoro così importante, il Maestro si sarebbe messo subito al lavoro, pieno di oscuri presentimenti riguardo al suo futuro. In realtà le cose non andarono proprio così. Il conte Franz von Walsegg, ricco proprietario terriero, viveva nel suo castello di campagna a Neustadt; era appassionatissimo di musica, ma mediocre compositore e nutriva l'ambizione di eseguire nei suoi salotti brani musicali che lasciava intendere fossero suoi, mentre in realtà erano composizioni comprate a caro prezzo a Vienna da autori diversi e copiate da lui a mano. Per il Conte si trattava di un gioco innocente, che permetteva agli esecutori e agli ascoltatori di indovinare chi fossero i veri autori di quelle musiche. Il nobile Walsegg era un giovane di ventotto anni, che aveva sposato la nobile Maria Anna von Flamberg, morta il 14 febbraio 1791 a soli ventuno anni di età. Dopo aver fatto scolpire un monumento dedicato all'armata scomparsa, scultura che fece posizionare nel parco davanti al castello, lo sposo decise di commemorare degnamente il triste evento attraverso l'esecuzione di una Messa di Requiem appositamente composta. Questa volta, data l'importanza e la serietà dell'avvenimento, avrebbe dichiarato palesemente, senza ricorrere a indovinelli di sorta, che il lavoro era di sua composizione. La scelta sull'autore che avrebbe dovuto scrivere al suo posto la Messa funebre, cadde su Mozart. Il perché di questa scelta può essere trovato nel fatto che a Vienna Wolfgang era conosciuto, anche se assai meno di un tempo, come grande esecutore, come compositore di lavori strumentali, come autore di importanti melodrammi, ma non come creatore di musica sacra; infatti l'ultimo lavoro di quel genere, la Missa Solemnis in do min. K[V] 427, risaliva al 1783 ed era stato eseguito solamente a Salisburgo; non c'era nessun pericolo, quindi, che qualche orecchio fino potesse fare accostameti stilistici inopportuni. Inoltre Walsegg sapeva che il Maestro stava attraversando un momento difficile dal punto di vista economico e che riusciva a comporre con grande rapidità. Nel mese di luglio, quindi, alla porta dell'appartameto di Mozart aveva bussato un signore severamente vestito: Anton Leitgeb aveva avuto l'incarico di consegnare a Wolfgang una lettera, nella quale si chiedeva per quale somma di denaro sarebbe stato disposto a scrivere una Messa di Requiem, "rinunciando però alla paternità del lavoro"; naturalmente tutta la faccenda sarebbe dovuta rimanere nel segreto più assoluto. Anche se molto sconcertato, Mozart accettò la strana commissione, chiedendo il compenso di cento ducati, dei quali cinquanta subito e cinquanta a lavoro ultimato. L'anticipo gli venne pagato alcuni giorni dopo attraverso un ufficio legale di Vienna, che stabilì con chiarezza i termini dell'accordo, primo fra tutti quello dell'assoluta segretezza. La lettera consegnata al maestro da Anton Leitgeb non era firmata, ma era come se lo fosse, perché recava in calce il sigillo della nobile famiglia; quindi Mozart seppe subito chi fosse il suo committente (i cui traffici musicali, del resto, non dovevano essere del tutto ignoti ai compositori viennesi). È vero che il Maestro mantenne il segreto, non parlandone neppure a Konstanze ed è anche vero che si pentì ben presto di aver accettato una richiesta così inconsueta, la quale creava problemi alla sua coscienza di artista. Come avrebbe dovuto scrivere quella composizione così ampia e articolata? Alla Mozart oppure alla... Walsegg? Viste le premesse, risulta ovvia la malavoglia con la quale si sarebbe dedicato a questo lavoro, tanto che prima si immerse nella composizione dell'opera La clemenza di Tito, [...] Flauto Magico [...] e [...] il Concerto per clarinetto e orchestra K[V] 622.

Si può dunque comprendere il motivo per il quale continuassero ad arrivargli lettere, ovviamente non firmate, ma siglate col sigillo del conte Walsegg, volte a sollecitare il rispetto del contratto stipulato. Mozart si mise al lavoro soltanto dopo che il Flauto Magico ebbe avuto la sua prima rappresentazione (in quell'estate aveva forse composto solo l'Introitus, inviato subito al committente). [...] Completò e spedì il Kyrie, poi abbozzò, completandole quasi interamente, le varie parti della Sequenza: Dies Irae, Tuba Mirum, Rex Tremendae, Recordare, Confutatis. L'abbozzo del Lacrymosa s'interruppe all'ottava battuta, momento in cui la morte fermò per sempre la mano di Mozart.

Qualche tempo dopo la scomparsa del Maestro, il conte Walsegg richiese l'intero lavoro, pagando alla vedova gli altri cinquanta ducati, come da contratto. Konstanze sapeva che suo marito stava scrivendo una Messa funebre commissionatagli da un misterioso personaggio e sapeva anche che si trattava del conte Walsegg; ciò che ignorava era la falsa paternità del lavoro, per cui fece circolare la voce che il Requiem era stato interamente composto da Wolfgang e lo fece terminare (per motivi contrattuali [...]) dall'ultimo allievo del Maestro: Süßmayr. Credo che ci sia stata una ragione ben precisa perché la scelta cadesse sul giovane Süßmayr: oltre ai suoi meriti e alla sua assidua vicinanza con Wolfgang durante la composizione di molte pagine del Requiem, egli riusciva ad imitare molto bene la grafia di Mozart e quindi era assai probabile che il committente non si accorgesse dell'inganno, chiedendo la restituzione del compenso versato. Il lavoro venne così completato, copiato e consegnato, anche se ciò non impedì che Konstanze organizzasse la prima esecuzione assoluta della Messa di Requiem a Vienna il 2 gennaio 1793. Poco più di un anno dopo, il 14 febbraio 1794, per commemorare il terzo anniversario della morte della giovane sposa, il conte Walsegg diresse la "sua" Messa nell'abbazia di Neustadt.

A mio parere la storia del Requiem finisce qui, anche se in realtà potrebbe continuare con un elenco infinito di polemiche e diatribe che ci hanno accompagnato fino ai nostri giorni. Il Requiem è sì di Mozart, ma al tempo stesso non lo è; è certamente scritto da un grandissimo musicista, da un grande creatore di atmosfere, di sensazioni e di architetture musicali perfette, ma, detto questo, potremmo aver detto tutto, poiché stilisticamente non appartiene a Mozart, al quale va l'indubbio merito di aver splendidamente realizzato ciò che gli era stato commissionato. [...]

(Tratto dal libro Il simbolo del dolore in Mozart di Luigi Nicolini, Rugginenti Editore, pagg. 113-116)

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