IL RITORNO DI TOBIA
Tutti i grandi intenditori di musica hanno presenti gli ultimi due oratori di Haydn, ma quasi nessuno conosce Il ritorno di Tobia (Hob. XXI: 1), composto circa venticinque anni prima, tra il 1774 e il 1775. Il libretto in lingua italiana venne scelto per assecondare al meglio il gusto del pubblico viennese dell'epoca, avvezzo agli stilemi della scuola napoletana. Il librettista Giovanni Gastone Boccherini trasse il soggetto dal libro di Tobia. La vicenda biblica del pio Tobit, colpito da cecità, e di suo unico figlio Tobia il quale, mandato a riscuotere del denaro presso un parente, dopo alterne vicissitudini e grazie all'aiuto dell'Arcangelo Raffaele, fa ritorno a casa per ridonare la vista al padre, era estremamente celebre nel XVIII secolo. Il libretto di Boccherini, diviso in due parti, si concentra sugli avvenimenti dell'ultimo giorno e riduce i personaggi a cinque, condensazione tipica degli oratori italiani settecenteschi. Tuttavia, nonostante l'impostazione più tradizionale, che lascia spazio a grandiose ed elaborate arie virtuosistiche (presenti anche nelle opere giovanili di Mozart), questa composizione presenta anche importanti caratteristiche peculiari, come la preferenza del recitativo accompagnato rispetto a quello secco (di chiara influenza gluckiana) e un'elaborata scrittura strumentale che già preannuncia le grandi sinfonie e i grandi quartetti della maturità haydniana. Anche il coro, impiegato solo nei punti salienti dell'opera, è trattato però in maniera tanto sapiente da precorrere le grandi messe e gli ultimi due oratori della tarda maturità. La presente edizione "per lo studio" riprende la partitura pubblicata dallo Joseph Haydn-Institut di Colonia. Vi sono riunite la versione originale del 1775, i due cori aggiunti per la ripresa del 1784 e le revisioni apportate da Haydn successivamente. Quest'ultime sono integrate nella partitura originale per quanto possibile e i tagli sono indicati con la dicitura "vide"; solo le varianti più significative e le versioni modificate dei recitativi sono riportate in appendice. Vi sono state integrate anche le indicazioni di scena, ritenute indispensabili per la comprensione dell'intera opera.
LE SETTE ULTIME PAROLE DEL NOSTRO REDENTORE IN CROCE
Più simile ad una lunga cantata che ad un vero e proprio oratorio (poco meno di un'ora circa), Le sette ultime parole del nostro redentore in croce (Hob. XX: 2) rappresentano un tassello curioso all'interno della produzione musicale di Haydn. L'opera venne ricavata infatti nel 1796 da un'altra composizione dotata del medesimo titolo, composta circa dieci anni prima per Cadice: si trattava di un gruppo di piccoli movimenti orchestrali da eseguirsi durante il Venerdì Santo, a commento dei testi biblici relativi alla passione. In seguito, queste composizioni si rivelarono terreno fertile per ulteriori rielaborazioni, tra cui una celebre versione per quartetto d'archi pubblicata da Artaria & Co. nel 1787. Sarà però solo nel 1795 che Haydn, spronato dall'amico barone Gottfried van Swieten, si dedicherà alla propria versione vocale delle Sette ultime parole. Van Swieten aspettava già da tempo, da parte di Haydn, un oratorio in tedesco da eseguirsi durante i concerti organizzati dalla sua « Società dei Cavalieri Associati» («Gesellschaft der Associierten Cavaliere»). Uomo di grande cultura letteraria e molto dotato per le lingue, Van
Swieten, collaborò a stretto contatto con Haydn al testo, che nel frattempo si stava occupando delle modifiche alla strumentazione, con l'aggiunta degli strumenti a fiato. Per i numeri da 1 a 4 non furono necessari molti ritocchi. Ma per i numeri da 5 a 7 Haydn e van Swieten procedettero a modifiche tali che certi massaggi vennero completamente riscritti a parte e incollati sui fogli originari. Per la revisione del testo, si servirono del poema La morte di Gesù (Der Tod Jesu, 1754) di Karl Wilhelm Rammler. Sei numeri sono preceduti da un breve movimento a cappella dove sono riportati i passaggi del vangelo a cui i numeri musicali fanno da commento. Il numero 5, invece, è introdotto da un ampio movimento esclusivamente strumentale interamente assegnato agli strumenti a fiato. Non solamente questa seconda introduzione arricchì l'opera di nuove sonorità, ma favorì la separazione dell'oratorio in due parti, così da poter occupare una serata intera. La prima esecuzione delle Sette ultime parole ebbe luogo il 26 marzo 1796 davanti al pubblico scelto della "Associazione dei cavalieri". Quest'opera, salutata con entusiasmo dai suoi contemporanei rivestì visibilmente un carattere particolare anche per il suo autore, che ebbe ad affermare: « L’effetto di quest'opera ha superato tutte le aspettative» Quando, nell'estate 1800, Haydn propose l'oratorio dall'editore Breitkopf & Härtel, quest'ultimo non esitò a qualificarlo una delle migliori opere del compositore austriaco. A seguito dell'immenso successo della Creazione, che era stata appena pubblicata, l'editore accettò con entusiasmo e fece comparire la partitura nel 1801. La presente edizione "per lo studio" riprende la partitura pubblicata nell'Edizione Completa a cura della Joseph Haydn-Institut: una lista e una breve descrizione delle fonti principali e delle scelte editoriali sono raccolte nei commenti a fine volume.
LA CREAZIONE
Quando Haydn fece ritorno a Vienna dopo il suo secondo soggiorno in Inghilterra nel 1795, egli portò con sé un libretto che sarebbe divenuto la base di partenza di una delle sue opere più celebri: l'oratorio La Creazione (Hob. XXI: 2). Profondamente colpito dalla grandiosità della musica di Georg Friedrich Händel, che aveva avuto modo di sentire dal vivo all'abbazia di Westminster in occasione delle «Commemoration festivals» tenutesi in suo onore, e dall'immediatezza che essa esercitava ancora dopo decenni dalla sua morte sul pubblico, pare che Haydn abbia confidato a un amico di voler « comporre un'opera di questo genere». In effetti, il compositore austriaco ricevette presto da Johann Peter Salomon, il suo impresario per l'Inghilterra, un libretto adeguato in inglese. Oltre alla Genesi e a vari salmi della Bibbia, le principali fonti di questo testo, di autore ignoto ed ora perduto, erano Paradiso Perduto di John Milton e il grande poema in versi sulla natura di James Thomson Le Stagioni. Al suo ritorno definitivo dall'Inghliterra, Haydn consegnò il libretto all'amico van Swieten che si occupò di redigere la versione in tedesco. Egli predispose però la scansione ritmica del testo in modo tale da potersi riadattare perfettamente alla versione inglese originaria. Fortemente ispirato alla tradizione corale inglese ed haendelliana nello specifico, la Creazione si rivelò un'opera adatta sia al gusto del pubblico inglese sia di quello tedesco. La prima esecuzione avvenne a Vienna il 30 aprile del 1798 ed ebbe un tale successo da avere un'eco smisurata anche nel secolo successivo. La presente edizione "per lo studio" ripropone la partitura pubblicata nell'Edizione Completa della Joseph Haydn-Institut. Essendo andato perduto l'autografo, la fonte principale dell'edizione è stata la copia dell'incisore. Tuttavia, sebbene il basso cifrato, solo parzialmente completato da Haydn, non appartenga alla versione finale, è presentato in questa edizione direttamente nel testo (e non nelle note finali), ma solo nel caso in cui si possa inserire in un contesto coerente. Nel caso le fonti riportino diverse pratiche d'esecuzione sotto la direzione di Haydn, esse sono segnate con note a piè di pagina che rimandano all'apparato critico. La grandiosità di questo oratorio non risiede solamente nei cori monumentali utilizzati a chiusura delle varie "giornate" della creazione, ma anche nell'uso sapientissimo dell'orchestra, che spesso suona senza la presenza del canto in una serie di passaggi rievocativi, come nella celebre ouverture "senza forma" più comunemente conosciuta, non a caso, come "La rappresentazione del Caos". Si tratta certamente di un'opera che deve molto sia alla tradizione oratoria di Händel sia al classicismo di cui Haydn è considerato il maestro indiscusso, ma si possono ritrovare in essa anche soluzioni che già preannunciano Beethoven e il prossimo periodo romantico.
LE STAGIONI
Con Le Stagioni (Hob. XXI: 3), Haydn accentuerà ancora di più quel linguaggio musicale che già aveva sperimentato nella Creazione, di cui si può considerare una sorta di continuazione. La complessità di questo monumentale oratorio trova avvisaglie già nel tempo di composizione: più di due anni infatti occorsero al compositore per completarlo. Egli vi mise mano subito dopo l'enorme successo della sua precedente opera sempre con l'aiuto dell'amico van Swieten, che ne fu anche librettista. Il libretto venne tratto dall'omonimo poema di James Thomson che aveva già offerto spunti per la Creazione. Il soggetto si basa su una descrizione delle quattro stagioni dell'anno, mettendone in risalto le caratteristiche peculiari. Si apre alla fine dell'inverno, mentre la natura ancora intirizzita si risveglia ai primi calori primaverili e si conclude ciclicamente allo stesso punto, al termine della quarta stagione. La prima rappresentazione ebbe luogo il 24 aprile 1801 sotto la direzione dello stesso Haydn nel circolo ristretto dell'Associazione dei Cavalieri, seguita, già nello stesso anno, da numerose riprese per cui il compositore apportò modifiche e miglioramenti. La presente edizione "per lo studio" riprende il testo dell'edizione completa della Joseph Haydn-Institut. Essendo andato perduto l'autografo di Haydn, le fonti principali sono costituite dal materiale manoscritto utilizzato per la prima esecuzione viennese dal direttore del coro e del continuista. L'edizione originale, pubblicata da Breitkopf & Härtel a Lipsia nel 1802, è stata consultata come fonte secondaria: Haydn ne fornì la copia dell'incisore ed esaminò la riduzione per pianoforte di August Eberhard Müller che era stata pubblicata insieme ad esso. Queste due edizioni apparvero separatamente, una con testo tedesco e francese, l'altra con il testo tedesco e inglese. Le traduzioni sono dello stesso librettista, il quale però criticò fortemente la divisione del testo a causa di numerosi errori rilevati in sede di pubblicazione: per questo motivo, questa divisione non può dunque essere utilizzata come fonte autorevole. Il materiale utilizzato per le rappresentazioni testimonia le numerose modifiche apportate da Haydn, alcune coeve alle riprese. In questa edizione, per le revisioni minori, la versione originale è fornita in nota a piè di pagina, mentre le versioni originali dell'e introduzioni all'Estate, all'Autunno e all'Inverno compaiono nell'appendice. Le differenze musicalmente significative delle prime edizioni, probabilmente corrispondenti alle modifiche apportate per la copia dell'incisore originale (dispersa), compaiono ugualmente in nota a piè di pagina. Nelle Stagioni Haydn accentuò ulteriormente quegli espedienti di carattere evocativo che aveva già sperimentato nella Creazione: lo si riscontra soprattutto nel grande temporale estivo o nel coro di caccia nell'Autunno o ancora nella tormenta di neve nell'Inverno. Anche in questo caso, le soluzioni adottate sono bifronti, da un lato guardando ad Händel e al classicismo e dall'altro già preannunciando Beethoven e il romanticismo di von Weber e del primo Wagner.
P.S. I titoli riuniti in questa raccolta sono disponibili anche separatamente: