Nella corrente nomenclatura, non solo italiana, il termine « corale » viene tuttavia riferito più particolarmente al Kirchenlied protestante, ma nella sua « versione » polifonica: melodia utilizzata come cantus firmus in un contesto contrappuntistico variamente elaborato (corale-mottetto, in stile « figurato »), o - caso veramente « popolare » e tipico - armonizzata a quattro voci dispari procedenti in omoritmia, con testo in versi riuniti in strofe, che trovano adeguata corrispondenza nell'intonazione musicale (corale « semplice »).
[...] Il riferimento alla tecnica di comporre sul cantus firmus implica almeno un accenno alle sue vicende storiche: per questo bisogna rifarsi addirittura ai primi documenti della polifonia occidentale, cioè ai procedimenti organali codificati nell'adespoto trattato medioevale Musica enchiriadis, redatto nel IX secolo. Qui, appunto, è una melodia non inventata, ma desunta dal repertorio gregoriano (vox principalis) che viene contrappuntata « nota contro nota » [punctus contra punctum, da cui contrappunto] da una parte inferiore (vox organalis) a distanza costante o in maniera meno rigida.
Nei secoli seguenti, questo metodo compositivo si arricchisce di procedimenti più elaborati per quel che riguarda gli elementi di libera invenzione (possibilità di intreccio delle linee; svolgimento a melismi sempre più estesi). Resta comunque fermo l'impiego, come perno della costruzione contrappuntistica, d'una melodia tradizionale, la quale passerà tuttavia alla parte inferiore dell'organismo sonoro, sì da configurarsi sempre più come tenor (dal latino tenere), cioè come parte che « tiene » a lungo le singole note del canto dato, isolandole una dall'altra sotto le ampie fioriture delle voci superiori.
Il principio di costruire un brano a più voci sul tenor permane anche nel mottetto dei secoli XIII-XIV [...]. Esso viene conservato pure presso i maestri franco-fiamminghi del XV secolo, i quali tuttavia non presentano sistematicamente il cantus firmus nella parte più grave dell'ordito polivoco, ma lo affidano anche alle voci superiori; si deve considerare, del resto, che nel frattempo l'ambito sonoro si è esteso anche al di sotto del tenor stesso, cioè ad una parte di contratenor bassus (bassus). Inoltre, il cantus firmus, anche variamente modificato nel suo aspetto melodico e ritmico, assume rilievo particolare nell'intreccio delle parti e, nella messa, ha spesso funzione di motivo ispiratore e conduttore nella composizione dei vari brani, fino a conferire all'opera aspetto ciclico. Tali procedimenti verranno mantenuti nell'epoca aurea della polifonia (sec. XVI), e troveranno applicazione anche nella musica strumentale, in modo speciale in quella destinata alla pratica religiosa (inni, versetti e corali per organo).
[...] Per l'affermazione del corale luterano a più voci, nel suo aspetto di melodia armonizzata, dobbiamo menzionare, accanto alla grande raccolta del Praetorius, quella di Hans Leo Hassler (1564 - 1612), uscita a Norimberga negli stessi anni (Kirchengesäng. Psalmen und geistliche Lieder, auff die gemeinen Melodeyen mit vier Stimmen simpliciter gesetzet, 1608). Tuttavia, le basi di questa maniera di trattare polifonicamente il Kirchenlied si riscontrano già nel corso del Cinquecento: nella raccolta del Walther, come si è visto (raccolta giunta nel 1551 alla quinta edizione, molto ampliata), e poi soprattutto in una vasta antologia pubblicata a Wittenberg da Georg Rhaw (Newe deudsche geistliche gesenge CXXIII, 1544).
Al 1627 risale l'edizione lipsiense del Cantional oder Gesangbuch Augspurgischer Confession di Johann Hermann Schein (1586 - 1630), opera importante per il primo sviluppo del corale polifonico con basso continuo per organo o altri strumenti (« für die Organisten, Instrumentisten und Lautenisten »). Tredici anni dopo vede la luce a Berlino il Newes vollkömliches Gesangbuch Augspurgischer Confession di Johannes Crüger (1598 - 1663), altra raccolta notevole fra le centinaia di collezioni del genere stampate nel Seicento.
Libri di corali furono pubblicati anche nel corso del XVIII secolo, ma fra essi ci limitiamo a menzionare l'importante antologia di melodie (quasi tutte del repertorio tradizionale) armonizzate da J. S. Bach, uscita postuma a Lipsia, in 4 parti, a cura di Carl Philipp Emanuel Bach e Johann Philipp Kirnberger (J. S. Bach vierstimmige Choralgesänge, 1784 - 1787).
Qui, per ragioni varie, si ferma la storia del corale polifonico, il cui immenso patrimonio verrà tuttavia rivalutato nell'Ottocento, anche in coincidenza con la « scoperta » di Bach. [...] Non vogliamo dimenticare l'attenzione riservata al corale da compositori e musicologi tedeschi, che in questo secolo [XIX] hanno operato in favore della musica sacra protestante nel loro Paese.
Oltre che come pagina a sé stante, il corale luterano ebbe in Germania enorme fortuna, nell'epoca barocca, come base per la costruzione di composizioni anche di vasto respiro, in più parti (mottetti, cantate sacre, passioni e anche oratori): in esse il corale poteva essere presentato nella sua veste tipica di melodia armonizzata (a 4 o più voci, anche in diverse « versioni », secondo il testo da intonare), o elaborato in complesse trame contrappuntistiche, o infine impiegato in arie e pezzi d'insieme per « soli », nonché in brani puramente strumentali. Le opere sacre di Bach, fra cui la Passione Secondo Matteo (1729), bastano a fornire documenti d'arte eccelsa.
[...] [Nell'ottocento, Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847), Johannes Brahms (1833-1897),] Anton Bruckner (1824 - 1896) e Max Reger (1873 - 1916) hanno, fra gli altri, variamente trattato il corale, anche in composizioni non soltanto vocali; Gustav Mahler (1860 - 1911), nell'8^ sinfonia (Sinfonia dei mille, 1906), basa la parte iniziale sull'inno latino Veni Creator Spiritus. In tempi più recenti abbiamo casi interessanti in Arthur Honegger (1892 - 1955), per esempio in Le Roi David (1921), specialmente alla conclusione della terza parte (La mort de David); mentre riscontriamo analogie con il corale luterano anche nelle melodie del ciclo Das Marienleben (1924) per soprano e pianoforte di Paul Hindemith (1895 - 1963).
Ma è forse più singolare l'accenno ad un maestro italiano e di fede cattolica, Lorenzo Perosi (1872 - 1956), che nei suoi oratori presenta armonizzazioni di corali non luterani, realizzate tuttavia secondo la tecnica costruttiva del Kirchenlied evangelico. [...] Negli oratori perosiani si trovano anche diversi saggi di cantus firmi intonati all'unisono dal coro con l'accompagnamento dell'orchestra, come la sequenza del « Corpus Domini » Lausa Sion Salvatorem (La passione di Cristo, 1898). [Esempi affini appaiono anche in Goffredo Petrassi e in Karlheinz Stockhausen].
(Dionisi, Toffoletti, Dardo, Studi sul Corale - Storia, tecnica, analisi, esercitazioni, Zanibon, pagg. 7 - 22)